Gloria Carraro
Molti credono che l’archeologia sia solo avventura, i cui sforzi vengono ripagati con sensazionali scoperte. Ma non è così, anzi, il più delle volte si recuperano semplici reperti che, una volta analizzati, possono però ampliare il nostro sistema di conoscenze.
L’archeologo non ha come obiettivo la ricerca di oggetti antichi, non indaga per riportare in luce solo pezzi “belli” da esporre in museo, l’archeologo scava e studia quel che trova, scava per trovare “situazioni” e per “tradurle”.
L’archeologo, in concreto, individua e analizza attraverso una corretta metodologia delle attività umane.
Ho letto un libro che lascia la giusta poeticità alla disciplina archeologica ma allo stesso tempo allontana l’abusato cliché di Indiana Jones.
Con un linguaggio emozionale, Flaminia Cruciani, autrice di “Lezioni di immortalità. La vita, gli antichi e il senso dell’archeologia” ed. Mondadori, accompagna il lettore a Ebla -in Siria- dove per anni partecipò alle campagne di scavo della Missione archeologica italiana diretta da Paolo Matthie.
Il libro non è un diario di scavo, dove l’archeologa scrive un resoconto dei ritrovamenti, vuole essere un racconto sincero della vita di un professionista a contatto con l’antico.
L’archeologo per salvare il passato deve decifrare ciò che il tempo ha nascosto, ed Ebla è stata una scoperta di inestimabile valore perché ha svelato com’era un centro del III millenio a.C. in Alta Mesopotamia lontano dai corsi d’acqua.
Flaminia Cruciani accompagna a rivivere i momenti di alcune scoperte- come quella volta che trovò una tavoletta d’argilla che rivelò la destinazione amministrativa del palazzo che si stava indagando. Altrettanto coinvolgente è il racconto del ritrovamento di una sepoltura di un uomo vissuto nel Bronzo Medio e di come l’archeologa si sentiva quando dovette far forza per estrarre dal suolo il cranio, sentendosi a disagio, quasi in colpa per averlo tirato via dalla terra mentre lui opponeva resistenza; toccante dove dice:
“mi chiedevo se i suoi pensieri e le sue emozioni erano lì ferme in quella terra e io inconsapevolmente forse le stavo maneggiando...”.
Nel libro sono espliciti anche i momenti di sconforto e di stanchezza che stanno dietro alla figura professionale dell’archeologo:
“...la vita dell’archeologo… è fatta di pazienza, di sudore, di attenzione minuziosa, di lentezza, di amore. L’archeologo può sopportare la fatica fisica e la precarietà della sua professione soltanto con entusiasmo e con una passione totale che arriva all’abnegazione. Il fuoco sacro lo guida, quando tutto sudato, sporco di terra sta in piedi o in ginocchio senza esitare ore e ore (…) a guardare la terra per cercare di isolare gli strati di terra, sotto un sole che come una fucilata batte quaranta gradi.”
Un testo che mescola in modo sorprendente l’astratto e il concreto e aiuta a comprendere come sia importante ricordare, e come sia cambiato il concetto di memoria negli ultimi tempi, sottolineando l’importanza dell’archeologia - la conoscenza della Storia- per comprendere il presente.
Approfondimento sugli scavi di Ebla
La scoperta degli Archivi Reali di Ebla -ne furono trovati due: il Piccolo Archivio, con alcune centinaia di tavolette e il Grande Archivio, con 4.000 tavolette-, è avvenuta durante l’undicesima e dodicesimacampagna di scavo delle 47 condotte dall’Ateneo romano della Sapienza dal 1964 al 2010.
Il valore del ritrovamento degli Archivi è dovuta, oltre che per il grande numero di tavolette dissotterate, anche alla scoperta dei sistemi originari di conservazione delle tavolette stesse. I testi contengono notizie su eventi di carattere politico, diplomatico e militare, cerimonie di natura religiosa, ed episodi -quali matrimoni, viaggi, fiere- che permettono di ricostruire i meccanismi di un’amministrazione centralizzata e diffusa nei territori della Siria occidentale.
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